Giro d’Italia 1951: su per le rampe di San Marino sensazionale prodezza di Astrua 

Dalle pagine de La Gazzetta dello Sport datata sabato 2 giugno 1951 (20 Lire) il racconto della cronoscalata Rimini-San Marino e dell’impresa di Giancarlo Astrua, che batte un favoritissimo Coppi e conquistata la maglia rosa. Un’impresa straordinaria immortalata dalla penna di Gianni Brera, un fuoriclasse della parola, che ha saputo trasformare lo sport, e il ciclismo in particolare, in poesia.

La suggestione della Musica.

Pinin Graglia (DS della Taurea per cui corre Astrua, ndr) ha pochi e chiari concetti sul ciclismo. Non si perde in fumismi stonati: cos'è infatti il ciclismo, se non l'umile sgambare di gente il cui solo studio è di non ingozzarsi di cibo per meglio spingere, in piano e in salita, una diabolica combinazione di tubi, cerchi e bulloni?


Dunque Pinin si attiene al buon senso nel muovere i suoi, li guida, li consiglia e li sprona, mai assumendo atteggiamenti ceserei: e quando impegni di classifica e di onore sportivo lo inducono ad affrontare avversari molto più forti e temibili che non siano i suoi gaglioffi, qualche diavoleria per eccitarli trova sempre. Oh, non torcibudella, non perniciosi cinismi, nè altro che falsi il valore atletico, bensì eccitanti psicologici di così alta efficacia da potere a suo tempo commuovere gli Dei.


Pinin Graglia ha infatti riesumato le misteriose suggestioni del mito: perduta la cetra di Orfeo ha scovato gli imperiosi tromboni delle bande, dimenticate le superumаnе melodie che sciolsero il cuore ai cerberi infernali ha ripristinato le umili ocarine che pure bastano ancor oggi a far battere con inesauste brio il polso dei marciatori alla Cesto Chilometri.


Avvolto, frastornato e sopraffatto dalla musica, il faticatore dello sforzo sportivo s'annulla in un'ebbrezza che gli sale dal profondo dell'essere. A ritmo si trasmette ai suoi muscoli come elaborato da inconsce forze che dormono in lui.


Ballano i cobra al modulato zufolare di un flauto, non deve esaltarsi un atleta se gli rintronano il capo con l’irresistibile aria del “Piave”?

Pinin Graglia meditava il colpaccio mentre ancora Astrua “filava” le sue inconfessabili 

ambizioni. Montò l’altoparlante sull'ammiraglia, scovò un disco della canzone del Piave. Il ceto montanaro di Valsesia, per solito insensibile a quanto gli avviene d'attorno, aveva udito d'improvviso squillare le trombe alle sue spalle. A ritmo di marcia, l’inno delle nostre esaltazioni giovanili avrebbe accompagnato le sue pedalate, eguali e gagliarde; il suo buon sangue si sarebbe acceso, la fatica dei muscoli non avrebbe offuscato il suo spirito.


Alcune cose avvengono, in noi, senza che se ne abbia coscienza. Questo è provato e lo sa bene Graglia. Il più refrattario e insensibile dei montantri, il mеnо chiassoso del Giro, il meno aperto agli estri dell'esaltazione atletica si sarebbe superato oggi nella suggestione della musica. E così avvenne.


Astrua, questo Giolitti del ciclismo italiano, questo calcolatore senza voli e senza impennate ha trovato nella canzone del Piave l'eccitante più impensato e pur irresistibile. На реdalato a quei fragorosi spari di note, ha udito a quando la fraterna affettuosa voce di Graglia che lo incitava: un po' metronomo, un po'... timoniere è stato Graglia questo pomeriggio.


-Hopp-là! Hopp-là! - per 25 chilometri quella rintronante bufera di note e quegli scanditi comandi.


Gian Carlo Astrua è giunto sulla Via dei Consoli, sotto le grigie torri merlate di San Marino, come l'automa senz'anima che una paziente energia indirizza e sospinge. Ho notato questa assenza nei suoi occhi straordinariamente calmi, nel suo sguardo lontano e direi svagato. Dinanzi alla porta di San Francesco, l'applauso della folla parve svegliare l'atleta. Pure non ho potuto leggergli in volto l'immensa fatica! Miracolosamente pareva dissiparla un'altra grande irresistibile forza: l'esaltazione della vittoria.


Gianni Brera

Gazzetta dello Sport 

sabato 2 giugno 1951